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Giorgio Esposito

Viaggiare... è sognare, esplorare, scoprire. Cisgiordania o Palestina
Una regione in eterno conflitto con la storia. Reportage... oltre il muro
Il turismo è vivamente "sconsigliato" sia per ragioni pratiche che per la sicurezza personale


ROMA (Italy) - La vita oltre il "muro" che divide Israele dagli insediamenti palestinesi. Un reportage nei luoghi culla della cristianità in cui, però, si gioca una eterna partita a scacchi utilizzando non pedine ma tunnel, armi e missili. L'industria del turismo in Cisgiordania è crollata dopo la guerra dei sei giorni arabo-israeliana del 1967, ma ha recuperato a partire dagli anni '90. Attualmente "il turismo" nelle zone è vivamente "sconsigliato" sia per ragioni pratiche che per quelle legate alla sicurezza personale. Se proprio necessario, è obbligatorio farsi accompagnare da una guida veramente esperta ed autorizzata sia dagli israeliani che dai palestinesi. Le tappe di un molto ipotetico tour in Palestina, dovrebbero comunque riguardare esclusivamente le città di Hebron, Bethlehem, Jericho e Ramallah nelle quali vige un divieto di scattare foto a installazioni e militari pena l'immediato arresto. Il periodo ideale per recarsi in Palestina deve poi escludere le festività ebraiche, musulmane e cristiane, per veri pericoli di ordine pubblico.

Per Cisgiordania, si intende la regione occidentale della Giordania occupata dagli israeliani nel terzo conflitto arabo-israeliano del giugno 1967. A seguito degli esiti della Prima guerra arabo-israeliana (1948-1949), la Cisgiordania venne occupata dalle truppe transgiordane per poi perderla nel 1967; la successiva occupazione israeliana modificò lo status di Gerusalemme, dichiarata nel 1980 capitale eterna dello stato di Israele. Nel resto del territorio, ribattezzato “Giudea e Samaria”, gli israeliani attuarono una massiccia campagna di colonizzazione demografica ebraica. L'opposizione araba all'occupazione israeliana si concretizzò prima in un vasto appoggio all'OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina) e poi, dal 1987, in una generale sollevazione popolare nota con il termine arabo di "intifada" (rivolta).

Con l'auto-proclamazione dello stato di Palestina nel 1988, la Giordania rinunciò a ogni diritto sulla regione. In seguito agli accordi israelo-palestinesi del 1993-1995 i centri principali della Cisgiordania passarono sotto il controllo di un'amministrazione autonoma palestinese. Nel 1996 si tennero le elezioni per un consiglio dell'Autorità palestinese che avrebbe dovuto costituire il nucleo di un futuro stato indipendente, possibilità che venne messa in seria difficoltà dagli scontri sanguinari tra israeliani e palestinesi verificatisi a partire dagli ultimi mesi del 2000.

Con riguardo alla Cisgiordania - West Bank e striscia di Gaza, si rammenta che esse sono sottoposte a diversi regimi giuridici. Vi sono aree (circa il 20% della Cisgiordania ed il 60% della Striscia di Gaza) sottoposte a controllo amministrativo e di sicurezza dell'Autorità Palestinese; zone (un altro 20% della Cisgiordania) in cui vige l'amministrazione palestinese, ma il controllo militare è israeliano; sulla rimanente parte del territorio (60% della Cisgiordania e 40 % della Striscia di Gaza) vige il regime di controllo assoluto israeliano.

La frontiera della West Bank che ci apprestiamo a valicare è di quelle “toste” e ce ne accorgiamo dal momento in cui – ancora in territorio israeliano - veniamo “sbarcati” da un’auto targata “Stella di David” ad una “Palestinese” che ci accompagnerà “oltre il muro”. Gli israeliani lo chiamano “barriera di sicurezza”. I palestinesi lo chiamano “muro della vergogna”. Il risultato è lo stesso: una barriera alta otto metri di cemento armato, rete elettrificata, trincee, filo spinato e sensori che rilevano i movimenti dei corpi umani. Intervallato da torrette di guardia ogni centinaio di metri, attualmente rappresenta un deterrente per i tantissimi “arabi” pronti ad immolare le loro vite in nome di una eterna guerra ideologica. Ora si parla di costruirlo anche per migliaia di chilometri lungo tutte le frontiere israeliane arrivando ad un completo isolamento e protezione quasi totale.

Ci sentiamo quasi visitatori dell’allora città di Berlino che divideva le sorti planetarie in pieno regime di “guerra fredda”. Il militare ebreo al ceck-point d’ingresso, squadra noi e i passaporti su cui nota una marea di visti di tantissime aree del mondo e ci chiede ragione della nostra visita in questa terra che lui definisce “nemica”. Non soddisfatto delle risposte, perquisisce l’auto palestinese senza trovare nulla e – forse – con enorme dispiacere, ci rilascia l’autorizzazione. "Una dura procedura – ci confermerà la guida oltre muro – a cui sono soggetti tutti ma soprattutto i palestinesi in transito e autorizzati a varcare il confine con foglio di lavoro speciale e che si mettono in fila già dalle 4 di ogni mattina sperando di sbrigarsi in tempo per raggiungere i luoghi di lavoro".

Le tappe si susseguono tra le città di Hebron, Bethlehem, Jericho e Ramallah in deserti assolati e abitati solo dai classici beduini che hanno scelto o si sono ritrovati a vivere sotto la bandiera palestinese anziché giordana. Questi paesi, infatti, sono il rimasuglio di una spartizione politica che ha “diviso oggettivamente” padri, figli, parenti, amici ed affetti più cari e che ora si devono prostrare per ottenere un visto giornaliero richiesto per lavoro o visita a un parente morente. Difficile da immaginare ma è proprio così. La ns. guida personale, ad esempio, ci racconta di aver subito qualche giorno di carcere solo per aver “alluso alla verità” ad alcuni turisti che hanno poi riportato “lo spontaneo ed innocente racconto” alle guide israeliane oltre il muro.

Ma forse il sito più “esplosivo” resta la città santa che ha visto la nascita del Cristo. Un’ambiguissima confraternita – sempre, però, in lotta tra loro - composta da religiosi armeni e cattolici che gestiscono la basilica della natività con l’accluso santo luogo. E la guida ci conferma che le lotte intestine che si raccontano oltre muro sono reali e cita anche occasioni in cui le due fazioni religiose sone venute alle mani. E, in questo insano equilibrio, capitiamo anche noi interessati a visitare (in modo esclusivo) la grotta in cui i vangeli dicono sia nato il figlio di Dio. L’accordo, infatti, proibisce tassativamente visite durante le celebrazioni armene ma siamo convinti che tante buone ragioni (le forti raccomandazioni funzionano in ogni luogo) ci abbiano aperto le porte su questo sito venerato da una buona fetta di credenti del globo. E ce ne compiaciamo subito attraverso l'evidenza di essere i soli, mentre fuori c’è una fila immensa che attende pazientemente una autorizzazione all'ingresso che potrebbe anche prolungarsi all'infinito.

La vita in questi luoghi, scorre quasi come quella raccontata da Carlo Levi in “Cristo si è fermato ad Eboli”: una Lucania – retrograda e campagnola - che sopravviveva agli eventi nazionali e internazionali (l’Italia viveva il ventennio fascista e si preparava alla seconda guerra mondiale, ndr) così come queste genti aspettano che qualcuno decida per loro – in un qualsiasi palazzo del potere del globo - il miglior o peggior destino. Rivarcando il confine a ritroso ci resta da fare una sola riflessione ad alta voce: per ora, il pasto che si consuma giornalmente oltre questa insormontabile “barriera ideologica” comprende di sicuro poco pane e … moltissima rassegnazione.

Ingresso nei Territori Palestinesi: Non è possibile giungere nei Territori Palestinesi senza transitare per frontiere controllate da Israele. Tutti coloro che intendono recarsi in Cisgiordania e a Gaza devono quindi conformarsi alle normative israeliane. Ciò vale anche nel caso in cui si provenga dalla Giordania e si intenda entrare in Cisgiordania attraverso il ponte di Allenby, posto sul lato cisgiordano sotto esclusivo controllo dell’esercito israeliano.

Passaporto: Necessario con validità di almeno sei mesi dalla data di ingresso. Per eventuali variazioni a tale norma si consiglia di informarsi preventivamente presso l’Ambasciata o il Consolato israeliano in Italia.

Visto d’ingresso: Non richiesto per entrare in Israele come turista fino a 90 giorni di permanenza. Al momento dell’ingresso in Israele, le autorità israeliane non appongono il timbro di ingresso sul passaporto, ma consegnano un piccolo tagliando con i dati del viaggiatore e i termini del visto, da esibire in particolare in caso di ingresso nei Territori Palestinesi. Si raccomanda di conservare tale tagliando sino al momento del rientro in Italia. Nei Territori Palestinesi, per soggiorni superiori a 90 giorni e per motivi diversi da turismo (studio, lavoro, ONG, etc.) è necessario munirsi di un visto “Judea e Samaria only”, rilasciato in loco dall’autorità israeliana responsabile per i Territori Palestinesi (Coordinator of Government Activities in the Territories), tramite il Ministero palestinese per gli Affari Civili. Si suggerisce di contattare, prima della partenza, le Rappresentanze diplomatico-consolari israeliane presenti in Italia per verificare se il programma di viaggio possa creare problemi al momento dell'ingresso in Israele. La presenza di timbri o visti di alcuni Paesi arabi sul passaporto non costituisce, di per sé, motivo di respingimento alla frontiera israeliana ma può rappresentare un pregiudizio molto sfavorevole per la Polizia di frontiera, che può sottoporre il viaggiatore a lunghi ed approfonditi controlli con esito imprevedibile. I controlli di sicurezza in aeroporto - sia in arrivo sia in partenza - possono talvolta durare a lungo ed essere assai approfonditi e molto invasivi. I controlli possono includere lunghi interrogatori e concludersi, per motivazioni anche eventualmente non condivisibili, con respingimenti che avvengono di norma con il primo volo utile della stessa compagnia aerea di arrivo e verso la città di provenienza. Ciò può talora comportare alcuni giorni di detenzione amministrativa in celle condivise ed in condizioni di forte disagio. E' consentito a volte viaggiare in anticipo su volo diverso, ma con spese a carico del rimpatriato. Si segnala la possibilità di prolungato fermo amministrativo ed espulsione di connazionali che, all'arrivo all'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, non presentino sufficienti garanzie sulla natura turistica del proprio viaggio in Israele.

Valichi (check-points): L’ingresso e l’uscita dai Territori Palestinesi avviene attraverso dei valichi (check-points) controllati dalle autorità militari israeliane, alcuni dei quali dedicati ai soli traffici commerciali o a speciali categorie di viaggiatori (ad esempio esponenti di governo, diplomatici). Le autorità israeliane controllano attentamente l’attraversamento dei valichi, soprattutto in direzione Israele. E’ sempre opportuno portare con sé i propri documenti identificativi, il tagliando ricevuto in aeroporto o, in alternativa, il visto di soggiorno e ogni altro documento utile a dimostrare il diritto di accesso in Israele. In alcuni casi, per ragioni di sicurezza legate a situazioni di tensione localizzata, le autorità israeliane si riservano la temporanea sospensione del passaggio attraverso alcuni valichi. Si raccomanda di verificare preventivamente l’apertura del valico prescelto. Per le stesse ragioni di sicurezza, Israele tende a sospendere il transito dei valichi in occasione delle più importanti festività ebraiche.

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Per Palestina si riferisce a tre territori specifici: Striscia di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est, ai quali si accede attraverso le frontiere controllate dalla Polizia israeliana. Il clima in territorio palestinese è di tipo mediterraneo e i periodi migliori per visitarlo restano le stagioni intermedie, da aprile a giugno e settembre-ottobre. In generale, comunque, il periodo migliore resta la primavera o autunno, proprio per evitare temperature torride delle zone interne e meridionali. Anche se visitabile tutto l’anno, infatti, è meglio evitare questi territori nei mesi estivi di giugno, luglio ed agosto perché le altissime temperature e l'aridità creerebbero molti problemi a scapito della godibilità di questi splendidi luoghi. I periodi migliori per recarsi in Cisgiordania sono da marzo fino a novembre, quando c'è una temperatura piacevole senza precipitazioni. La temperatura media più alta in Cisgiordania è di 31° in agosto e quella più bassa è di 17° a gennaio.

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